Nel Regno dei Florio Tra Mare, Cielo e Roccia

Secondo Novalis, poeta romantico di fine Settecento, l'azzurro non è un colore ma un insieme di toni, con l'illimitata capacita di trascolorare verso il bianco o, viceversa, scurirsi fino a a diventare nero. Una teoria suggestiva, che si può comprendere a Favignana, osservando il frangersi delle onde su un tratto di costa roccioso. Perché la spuma, sulle pietre, è bianca, e l'acqua, all'orizzonte, è nera, mentre fra l’uno e l'altro limite le gradazioni d'azzurro sono infinite.
Uno dei luoghi più belli per ammirare lo spettacolo è Cala Rossa, dove il mare, incorniciato dalle rocce tufacee, ha la purezza del cristallo su un fondale di sabbia bianca. Le barche che si fermano nella caletta sembrano galleggiare in mezzo al cielo. Ci si arriva facilmente, il consiglio è di muoversi in bicicletta. I noleggi sono dappertutto, nella bella stagione sono sempre aperti. L’esplorazione dell'isola è alla portata di tutti, le salite sono poche e mai troppo impegnative. Dalla spiaggia di Lido Burrone, comoda per chi viaggia con bambini, alla Cala Azzurra, dal Bue Marino, alla citata Cala Rossa, da Cala Rotonda a Punta Sottile, sono tante le soste da fare. Dire che Favignana è solo mare, tuttavia, sarebbe riduttivo. Per cominciare c'è un grazioso abitato, con le semplici case che si irradiano dal porto, dominato dall'imponente stabilimento della ex tonnara.

Questo edificio, recuperato qualche anno fa e trasformato in museo, venne realizzato, su progetto dell’architetto Giuseppe Damiani Almeyda, nel 1878, per volontà dei Florio che, quattro anni prima, avevano acquistato le isole Egadi (facendo realizzare poi, dallo stesso architetto, la bella villa dirimpetto allo stabilimento, oggi di proprietà comunale).
Quando, nel periodo della pesca dei tonni, il loro lussuoso yacht Sultana gettava le ancore nel porto, era tutto un festoso scappellare, un accorrere frettoloso e uno zittir bambini.
Per i Florio, gli abitanti di Favignana avevano un'autentica venerazione. Non solo erano i principali datori di lavoro della comunità, ma erano anche generosi e gentili, sinceramente innamorati dell'isola in cui trascorrevano lunghe villeggiature circondandosi di ospiti e di un fasto da principi. Quella di Favignana fu l'unica tonnara siciliana a trasformarsi in una vera industria, con una produzione imponente della quale oggi testimonia la grande e bella costruzione, con le ampie sale dalle volte a crociera, l'esposizione di barche e scatolette, le cisterne e le ciminiere. Una installazione multimediale consente d'immergersi nella vita delle persone che lavoravano nella tonnara, foto e video narrano i vari step dell'attività di questa pesca tradizionale che alimentava un'industria moderna. Poi ci sono le cave di calcarenite. Un tempo, l’attività di estrazione di questa morbida pietra (il "tufo") era una delle principali attività economiche di Favignana, e le navi cariche di cantona (blocchi) veleggiavano addirittura verso il Nord Africa. Via via sono state abbandonate e alcune lo sono tuttora. Viste dall'alto sono come quartieri di metropoli lunari, con i grattacieli sbeccati dal tempo. Dal basso l'effetto è, se possibile, ancor più impressionante. Le mani di generazioni di pirriaturi (cavapietre) hanno inciso le pareti, scolpito guglie e pinnacoli, scavato nella pietra bui cunicoli.
Alcune cave sono state recuperate e ospitano giardini ipogei e orti dai quali esala intenso profumo di limone, origano, gelsomino e alberi di pesco, e non mancano i progetti per la loro valorizzazione, ad esempio attraverso la creazione di un percorso di visita dedicato. Infine bisogna dire dei forti.
Dei tre che originariamente sorvegliavano l'isola restano San Giacomo, che oggi ricade all'interno del perimetro di un penitenziario, e Santa Caterina, un grande e pittoresco rudere che svetta sulla vetta più alta di Favignana, a poco più di trecento metri d'altitudine, da cui si possono osservare tutti gli approdi dell’isola (ed era questa la sua funzione, fin dalla sua edificazione medievale) ma anche l'intero orizzonte, a 360°.
Entrambe le fortezze sono al centro di progetti di recupero per renderle fruibili in sicurezza e restituire così al pubblico due importanti testimonianze del passato dell'arcipelago. Un museo por Sebastiano Tusa Nell'ex tonnara è allestito anche un piccolo antiquarium, intitolato a Sebastiano Tusa. Qui sono esposti reperti rinvenuti nel mare dell'arcipelago, anche grazie all’appassionate ricerche di Tusa, che ritrovò il sito esatto della Battaglia delle Egadi. Fra i reperti, due preziosi rostri di navi romane.

 

  • Informazioni
    Maria Cristina Castellucci
    Le Guide di Repubblica - Trapani e La Sicilia Occidentale